
La storia di Giuseppe, un grave caso di ipertensione maligna. Parte 10.
16 Aprile 2025
La storia di Giuseppe, un grave caso di ipertensione maligna. Parte 12.
16 Aprile 2025Come abbiamo detto nel post precedente, immediatamente dopo l’introduzione dei robot aziendali, si è diffusa tra molti operai la preoccupazione relativa a eventuali danni che avrebbero potuto arrecare a macchinari molto costosi. Nella maggior parte dei casi, questo stato d’animo non ha portato a manifestazioni così eclatanti da poter essere notate durante le visite annuali ma, nel caso di soggetti iper-suscettibili come Giuseppe, ha fatto da cassa di risonanza su un vissuto di sofferenza legato ad una narrativa di responsabilità. Il protocollo di Medicina del Lavoro Integrata basato sulla comunicazione tra i segni rilevati durante l’esame obiettivo clinico (comunicazione non verbale) e quelli ottenuti grazie a metodiche provenienti dalla psicoterapia (comunicazione verbale di ricordi messi nell’ombra), ha permesso di far emergere un ricordo che ritengo essere la chiave di tutta la vicenda: quando gli è stata proposta la promozione, il primo pensiero di Giuseppe è stato quello che dal giorno successivo si sarebbe dovuto occupare non più della sua unica macchina, ma di tutte quelle del reparto affidatogli. Questa prospettiva ha generato una pressione (psicologica e vascolare) tale da non poter essere gestita se non attraverso l’interruzione dell’attività lavorativa (le numerose assenze sono state l’iniziale meccanismo di compensazione grazie al quale Giuseppe è sopravvissuto a sé stesso). Ma un meccanismo di compensazione, per definizione, non può reggere all’infinito. E infatti poco dopo Giuseppe è passato a quello che abbiamo poi definito la fase due della sua malattia. Nel prossimo post vi spiegheremo di cosa si tratta.