
La storia di Giuseppe, un grave caso di ipertensione maligna. Parte 11.
16 Aprile 2025Nel post precedente abbiamo spiegato che le numerose assenze lavorative sono state l’iniziale meccanismo di compensazione grazie al quale Giuseppe è sopravvissuto a sé stesso. Ma se da un lato il lavoratore non reggeva più il suo consueto ambiente di lavoro, dall’altro, il suo assenteismo andava in contrasto con la narrazione di sé stesso legata al senso del dovere. Un circolo vizioso senza uscita: più Giuseppe stava a casa e più la sua pressione aumentava, quando invece tentava di rientrare al lavoro, l’idea di non essere più capace di fare quello che aveva sempre fatto, lo rendeva insicuro e a rischio di infortunio. A fine percorso, una volta recuperata questa narrazione, Giuseppe ha potuto spiegarsi il perché del suo calo prestazionale e, piano piano, attraverso un percorso di accettazione, permettersi di raggiungere una tranquillità emotiva che non aveva mai sperimentato nella sua vita. È dimagrito, ha ripreso a raccontare barzellette e la terapia antipertensiva ha finalmente iniziato a funzionare. Nelle visite periodiche lo osservo mentre mi parla: ha un’espressione serena che gli conferisce una nuova luce, sembra quasi ringiovanito. Le successive TAC encefalo hanno mostrato un quadro stabile nel tempo. Dal punto di vista lavorativo, Giuseppe non ha mai ricoperto il ruolo di responsabile (sia lui che la proprietà hanno compreso che non era una figura compatibile col suo profilo personale), ma da alcuni mesi partecipa ad un progetto pilota di condivisione del proprio vissuto aziendale. Stiamo così raccogliendo dati che, ad un livello ancora preliminare, stanno mostrando la possibilità di agire sul singolo per arrivare a piccoli insiemi di persone che condividono la stessa condizione morbosa e, viceversa, dal lavoro di gruppo selezionare le singole testimonianze meritevoli di approfondimenti diagnostici. Questa è la Medicina del Lavoro Integrata.