
La storia di Giuseppe, un grave caso di ipertensione maligna. Parte 8.
16 Aprile 2025
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16 Aprile 2025L’anno successivo al ricordo della bicicletta (descritto nel post precedente), il padre di Giuseppe rimase gravemente deturpato e immobilizzato a letto a causa di un infortunio sul lavoro. L’uomo venne restituito alla famiglia in stato vegetativo. Un corpo che non poteva più sostenere nessuno. Giuseppe rimase l’unica figura maschile della casa, la madre casalinga e due sorelle più piccole da mantenere. Fino al compimento dei suoi 14 anni riuscirono a sopravvivere grazie alla misera pensione di invalidità che l’INAIL aveva riconosciuto alla famiglia. Giuseppe non poté continuare gli studi e, nonostante l’ottimo curriculum scolastico, fu costretto a cercare lavoro. I primi tre anni furono duri, lavori saltuari e mal pagati. Nessun diploma, nessuna competenza, nessuna retribuzione dignitosa. L’inventiva e la creatività di Giuseppe non erano ben visti in ambienti lavorativi dove l’unica cosa che contava era il numero di pezzi che le braccia del ragazzo realizzavano nel minor tempo possibile. Ma a pochi mesi dal compimento della maggiore età, Giuseppe incontrò quello che poi fu il suo caporeparto per i successivi trent’anni. Nella figura di Michele, il giovane vide un mentore, un amico e in padre che non aveva sempre desiderato. Si dedicò completamente al lavoro e, anche per questo, l’uomo decise di premiarlo quando venne l’ora di andare in pensione. Fino a questo punto si potrebbe pensare che i sacrifici di Giuseppe abbiano portato la sua storia lavorativa ad un lieto fine, eppure la sua mente (con il rifiuto dell’offerta) e il suo corpo (con i sintomi fino ad ora descritti) hanno comunicato tutt’altro. Cosa ha scatenato l’effetto paradossale consistente in tutta quella serie di eventi che si sono susseguiti dopo il colloquio per la promozione di Giuseppe?”